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Fine Before You Came – L’intervista integrale

16 dicembre 2009

Questa la versione integrale dell’intervista fatta ai Fine Before You Came per “Fuori Dal Mucchio”. La versione tagliata è disponibile qui: fdm

Con Sfortuna – il loro ultimo album pubblicato in cd per La Tempesta, in vinile per Triste, in musicassetta per Ammagar e messo fin da subito in free download sul proprio sito – i Fine Before You Came (nome estrapolato da un verso di una canzone dei mai dimenticati Van Pelt) attuano una svolta decisiva nel loro percorso artistico lungo quasi dieci anni, decidendo di cantare in italiano. Di questo, di Internet, di promozione e di sfiga abbiamo parlato con i cinque ragazzi di stanza a Milano.

La mia recensione su Sentireascoltare qui e qui.

Vi siete formati come Fine Before You Came agli inizi del 2000. Tra non molto festeggerete il vostro decimo compleanno come band. Complimenti: un traguardo non facile e non scontato da raggiungere, soprattutto per chi da sempre muove, seppur egregiamente come voi, i suo passi in un contesto musicale underground. Potete farci una sorta di “bilancio” generale di questo primo pezzo di esistenza?  Dalla decisione di mettere su un gruppo fino ad oggi?
Che domandona enorme. Abbiamo già compiuto 10 anni se non sbaglio. Ma forse sbaglio. Non abbiamo una gran memoria. Marchetti ragiona ancora in lire e marino si chiede ancora quando esce sto dannato Black Album dei Metallica. In ogni modo possiamo tranquillamente affermare che in questi 10 anni siamo diventati gli amici migliori che potessimo avere. Abbiamo imparato a volerci bene e a sopportarci, a trovare compromessi e ad aiutarci nei momenti di difficoltà. Leghiamo al gruppo alcuni dei momenti più belli della nostra vita. I Fine Before You Came si sono formati come banda musicale e dopo poco hanno capito che erano molto di più. Abbiamo suonato soprattutto per noi 5 e avuto la grande fortuna di coinvolgere altre persone che hanno voluto bene sia a noi che alla nostra musica. Più di così non potevamo chiedere.

Com’è cambiato, se è cambiato, il contesto musicale italiano (discografico e artistico) di cui, volenti o non, ne avete fatto parte in questo decennio? È ancora così difficile potercela fare in Italia? Oppure il gap culturale rispetto anche solo agli altri paesi europei è man mano diminuito?

Dipende da cosa intendi per potercela fare. Suonare di fronte a 50 persone di cui 20 conoscono e cantano i pezzi che hai scritto perché di base piacessero per primo a te stesso per noi è farcela . Essere un gruppo in Italia forse è diverso da essere un gruppo in Camerun ma rimane un enorme comun denominatore che è la musica. Pensiamo sinceramente che sia quella la cosa importante. Se poi per farcela intendi camparci, farci i soldi, smettere di lavorare e considerare ogni disco una possibilità di guadagno quello è un altro discorso che non ci è mai riguardato e tutt’ora non ci riguarda. Dubitiamo che in futuro possa interessarci una cosa del genere per un semplice e ovvio motivo, quello che suoniamo è quello che ci piace e non quello che può piacere ai più. Non pensiamo che sia il modo giusto di vedere le cose ma è semplicemente il nostro modo di vederle. Massimo rispetto per chi riesce a mettersi a tavolino e comporre un pezzo che arriva a milioni di persone. Tiziano Ferro, Ligabue, Vasco Rossi e Eros Ramazzotti sono italiani e ce l’hanno fatta. Così come ce l’hanno fatta i La Quiete che sono appena rientrati da un tour in Australia e Malesia. Vasco Rossi è ricco sfondato e i La Quiete non c’hanno una lira. Questo non vuol dire che Vasco Rossi ce l’abbia fatta più dei La Quiete. Il mito del musicista che suona e guadagna una barca di soldi non ci appartiene. Crediamo molto di più in win for life.

A tal proposito, che ne pensate del lavoro svolto da un’etichetta come La Tempesta, con la quale siete sotto contratto? Ovvero, del fatto di riunire e promuovere molti dei gruppi italiani più interessanti che cantano in italiano… Potrebbe creare una sorta di “scena” (da non considerarsi nell’accezione giornalistica del termine) in grado di innalzare il livello italiano musicale?
Scusa se ti correggiamo, noi non siamo sotto contratto con nessuna etichetta. Quando facciamo un disco cerchiamo di farlo uscire collaborando con persone che ci piacciono e che siano prima di tutto amiche. Quest’ultimo ha coinvolto La Tempesta oltre a Triste e Ammagar. Ma non c’è nessun contratto, al massimo una stretta di mano e la consapevolezza della stima reciproca. La Tempesta è sicuramente un’ottima etichetta con un bel roster ma il livello musicale italiano è già molto alto a prescindere da questa. Ci sono gruppi e artisti che non hanno da invidiare niente a nessuno, eppure non sono così blasonati, come La Quiete, Raein, Dargen D’Amico, Gazebo Penguins, Dummo, Action Dead Mouse, Ne Travallez Jammais e mille altri che fare una lista ora non si finisce più. Alla fine non è che i migliori son quelli che finiscono sui giornali, sulle webzine, in tv, ai vari festival o sulle etichette più famose. Anzi

Veniamo al vostro ultimo album Sfortuna, a mio avviso uno dei dischi italiani più riusciti e più importanti del 2009. Com’è nato? E soprattutto come mai la scelta, riuscita aggiungerei, di cantare in italiano?
Cavolo grazie mille. Sfortuna è nato molto semplicemente dalla sfida di provare a fare un disco in italiano e non in inglese come i precedenti per non ripetersi, per perdere qualsiasi tipo di derivazione musicale e per cimentarsi con la propria lingua. Abbiamo semplicemente pensato “per dio, possiamo farcela anche noi”. E adesso tu ci dici che è andata. Quindi, apposto così. Evviva.

Sarà una scelta definitiva oppure in futuro tornerete all’inglese. Non pensate che l’italiano abbia contribuito a fornirvi un’identità più forte, magari facendovi sdoganare da quella morsa derivativa, prima con l’emocore poi con il post rock, del passato?
Sicuramente l’italiano ci ha aiutato a uscire dai cliché. Anche se molto serenamente ammettiamo che ci sentivamo al di fuori di gran parte dei canoni di certo rock già da un po’. Non pensiamo di tornare all’inglese. L’italiano ci piace anche se è notevolmente più difficile. Però a questo punto dobbiamo quanto meno capire se Sfortuna ci è venuto per caso o no. Stiamo già lavorando a dei pezzi nuovi. Per ora pare andare tutto bene ma potremmo anche aver finito le scorte. In quel caso ci inventeremo qualcos’altro.

Oltre alla vostra ottima tecnica strumentale, Sfortuna evidenzia bene anche un profondo e sentito lavoro sui testi. Nell’insieme, il tutto rende l’idea di un affiatamento di gruppo molto funzionale e di una maggiore maturità raggiunta. Su cosa si basa il vostro processo creativo e come è cambiato negli anni?
Beh siamo sempre stati molto affiatati. Pensa che ogni pezzo fatto da dieci anni a questa parte è frutto del lavoro di 5 teste. Mai nessuno arriva in sala con un riff o qualcosa di già pronto. Nasce tutto quando siamo tutti e 5. Se da una parte rende il processo compositivo lunghissimo questo metodo fa si che ognuno dica la sua in ugual misura. È il motivo per cui non possiamo pensare alla banda senza uno solo di noi 5. Sarebbe un altro gruppo. Anche i testi prima di essere approvati devono passare il vaglio di tutti noi. Nei prossimi per esempio siamo tutti d’accordo di parlare degli animali della fattoria.

E nello specifico, come sono nati i testi di Sfortuna? All’ascolto dell’intero album sembra distinguersi una sorta di filo conduttore che lega tutte e sette le canzoni e in grado di creare una sorta di empatia con l’ascoltatore…
I testi di Sfortuna parlano di un periodo. Credo che sia questo il filo conduttore. Il fatto che siano così empatici probabilmente dipende dalla loro semplicità. Parlano di cose che bene o male tutti hanno vissuto o vivranno prima o poi.

A distanza di alcuni mesi dalla pubblicazione di Sfortuna, vi sarete fatti un’idea della reazione del pubblico, sia vecchio che nuovo. Com’è stata? Pensate che la scelta dell’italiano come cantato abbia contribuito all’ampliamento del vostro pubblico?
Ha contribuito tantissimo. Ci sono un sacco di facce nuove ai nostri concerti e un sacco di ragazzi giovani. Il fatto che la fruizione della musica sia diventata così semplice grazie a internet ha molto influito sui testi delle canzoni. Mi spiego meglio. Un tempo compravamo uno/due dischi e li ascoltavamo coi testi alla mano. Oggi ne scarichiamo sette/otto e li ascoltiamo nell’ipod e solo a quelli che ci sembrano più interessanti diamo, forse, in un secondo momento una letta ai testi. Scrivendo in italiano invece salti un passaggio, le parole sono semplici, comprensibili ed estremamente urlabili. Fabio Plovani nella recensione su “Blow up” ha parlato di una sorta di rito collettivo pur non avendo partecipato a nessuno degli ultimi concerti. Ci ha preso in pieno, la cosa bella di Sfortuna è che devi solo urlarlo a squarciagola e il concerto non lo facciamo più solo noi ma chiunque abbia voglia di gridare. È liberatorio e da una gioia infinita. Guardiamo gli amici che abbiamo davanti e li sentiamo completamente parte della banda. Detta così sembra il delirio di un santone invasato ma ti assicuro che è così.

Nonostante l’album sia uscito in cd per La Tempesta, la promozione non ha però seguito un iter tradizionale, convenzionale. Come mai? È stata una scelta volontaria?

Enrico della Tempesta aveva un sacco di dischi da fare uscire in quel periodo. Ci ha detto chiaramente che non era il momento e che non poteva dedicarsi a sfortuna prima di un tot di mesi. Visto che non avevamo voglia di aspettare gli abbiamo detto di farlo uscire comunque e che alla fine della promozione e dell’iter tradizionale non ce ne fregava nulla visto e considerato che il disco sarebbe stato scaricabile gratuitamente da subito. Per cui lo abbiamo semplicemente stampato e lo vendiamo solo ai concerti a tutti quelli che anche se lo hanno scaricato lo vogliono come souvenir. Dopo solo una settimana lo avevano scaricato mille persone poi la voce è girata sempre di più. La promozione migliore che si possa desiderare è quella di chi scopre qualcosa che gli piace e lo consiglia agli amici.

Il vostro album è stato ed è tuttora messo in free download sul vostro sito. Che ne pensate di Internet e dei nuovi orizzonti che ha aperto soprattutto alla musica e alla sua fruizione?
In parte abbiamo risposto a questa domanda nelle risposte precedenti. In realtà non siamo mai stati bravi con Internet. Non abbiamo avuto un sito aggiornato fino a Sfortuna. E anche adesso, parliamone, il nostro sito è tutt’altro che all’avanguardia. Ci piace molto però l’idea che la musica sia gratuita, che chiunque possa usufruirne e che non venga imposta in alcun modo. Scarichiamo musica regolarmente. Questo non vuol dire che non acquistiamo dischi. Anche a noi piacciono i feticci. Internet dà una possibilità a tutti senza pretendere nulla. A Internet non gliene frega nulla se fai metal o elettropop, se sai suonare o fai paura all’uomo della strada. È per questo che ci stupiamo ancora delle domande sulla musica in Italia. Internet dà le stesse possibilità a tutti quanti. Se La Tempesta non fa uscire il tuo disco di rap celtico pubblicatelo da solo.

Ma, per finire, Sfortuna è davvero un album che porta sfiga? Visti i risultati, penso proprio di no… anzi. Ci spiegate questo fatto della sfortuna che si legge sul vostro sito e un po’ ovunque.
La sfortuna è di tutti. tanto quanto Internet. Puoi dare la colpa alla sfortuna tutte le volte che vuoi. E lei è serena. Si prende le colpe e non te la fa pesare. Sfortuna non parla di sfortuna ma di quanto spesso non siamo in grado di prenderci la responsabilità delle nostre azioni. Sul sito scherziamo molto. In generale scherziamo molto. Sfortuna porta sfortuna se hai bisogno che porti sfortuna.